Mori, biondi, rossi, bianchi o con qualche sfumatura di grigio; lunghi, corti, ricci, rossi o lisci… i capelli incorniciano il nostro volto e diventano un tratto caratterizzante anche della nostra personalità.
Se per gli uomini la calvizie può essere mal vissuta psicologicamente, possiamo immaginare cosa possa significare per una donna… In Italia sono più di 11 milioni gli uomini affetti da alopecia androgenetica (anche detta calvizie comune); nelle donne la prevalenza dell’alopecia è nettamente inferiore e aumenta col passare degli anni, con frequenza e gravità maggiore dopo la menopausa.
Ma cosa determina ad un certo punto il diradamento dei capelli?
Questa tipologia di calvizie si deve ad un’anomalia ormonale androgena e genetica dei follicoli piliferi, più precisamente per effetto del diidrotestosterone, che rende i capelli più corti e sottili, portando a diradamenti più o meno importanti.
L’alopecia nell’uomo
Negli uomini l’alopecia androgenetica provoca il diradamento dei capelli in 3 aree caratteristiche del capo ovvero:
- sulla regione temporale, ovvero la “stempiatura”;
- sull’area del vertice, la così detta chierica;
- sulla regione anteriore, che vede il diradamento dei capelli sull’area dietro la fronte.
Quando non trattata, l’alopecia androgenetica tende a peggiorare progressivamente, con velocità diversa da persona a persona, fino a una fusione delle aree alopeciche con una calvizie completa della sommità del capo (generalmente i capelli nella regione parietale ed occipitale rimangono anche nei casi gravi).
L’alopecia nella donna
L’alopecia androgenetica femminile si manifesta invece con un diradamento diffuso dei capelli della regione della corona, senza retrocessione dell’attaccatura dei capelli.
In alcune donne, soprattutto dopo la menopausa, l’alopecia può avere un aspetto simile a quello che si osserva negli uomini e caratterizzato da stempiatura evidente con importanti conseguenze psicologiche e sull’autostima personale.
Esiste una soluzione?
Nelle aree colpite dall’alopecia i capelli risultano più sottili e meno numerosi poiché i follicoli si sono miniaturizzati, diventando più piccoli e superficiali e producono capelli più sottili, corti e meno pigmentati rispetto a quelli delle aree non affette, mostrando il cuoio cappelluto.
Ad oggi la terapia con PRP autologo risulta essere la metodica non chirurgica più efficace per risolvere la calvizie. Vediamo come funziona.
Il PRP per il trattamento dell’alopecia androgenetica
Il trattamento con PRP autologo è rapido e pressochè indolore. Inizia con un prelievo di sangue del paziente che viene poi centrifugato per separarne le componenti. Il plasma include piastrine, leucociti, citochine e fattori di crescita (IGF-1, FGF, VEGF, TGF-beta) che, una volta re-iniettati nel cuoio capelluto, agiscono sul follicolo prolungando o mantenendo la fase di crescita del capello (fase anagen) e riducendo la fase terminale durante la quale il capello si trova ancora nel follicolo pilifero, ma le attività vitali sono completamente cessate (fase telogen).
I fattori di crescita presenti nelle piastrine vanno a stimolare le cellule staminali dei bulbi piliferi silenti o sofferenti, dando origine a bulbi nuovi e ri-vascolarizzando il cuoio capelluto.
L’intera seduta dura meno di mezz’ora, al termine della quale il ritorno alle normali attività è immediato.
Calvizie ad alopecia possono creare disturbi a livello profondo dell’autostima, per questo è bene non sottovalutare il problema e rivolgersi sempre a personale esperto in grado di fornire la soluzione più efficace.
Se vivi con malessere la perdita o l’assottigliamento dei capelli, ma non sei ancora sicuro di volerti sottoporre ad un trattamento, ti invitiamo a prenotare una consulenza per fugare ulteriori dubbi e comprendere più nello specifico quali sono i risultati ottenibili.
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